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domenica 24 novembre 2019

Tu tieni i fili



Con le mani tocchi i vetri sporchi e vorresti romperli, vorresti sfondare i muri, ingialliti dalla nicotina. Ti stendi come fossi un angelo planato sul letto, e con gli occhi stretti invochi il sonno, invochi il sogno invochi Dio.
Una musica penetra dalla finestra chiusa, ti striscia addosso. Invochi anche la musica, il canto, il rumore delle auto che dopo mezzanotte sono poche, ma hanno il volume della radio altissimo. 
Provi a riconoscere le note violente, ma non riesci a fermarle. 
Poi un attimo ed è silenzio. E sale forte il tuo rumore, che rompe i vetri del tuo animo in tempesta. I ricordi strillano, fanno affiorare le immagini violente, che si infilano nel letto accanto a te, illuminate dal vecchio abajour che trema la sua luce, trema come te. Riesci ad addormentarli, con il canto di un lamento che assomiglia ad una ninna nanna, poi ti allontani, come fa una mamma dal suo bambino, quando vede che ha preso sonno, e con le braccia aperte continui ad invocare il sonno ad invocare il sogno, ad invocare Dio. 
Apri gli occhi perché di colpo hai paura del silenzio, del buio e di te stessa. Guardi in alto il riflesso di una luce che è stanca di illuminare lo scenario insonne che si riapre tutte le notti! Come ad un teatro di burattini le tue ossessioni vanno a scendere e a salire, ad urlare a muoversi veloci e poi a sparire dietro il sipario, il tuo sipario. E li tieni lì, senza mandarli in scena, sei tu che muovi i fili...
sei che tu tieni i fili, TU tieni i fili! 
Molli la stretta delle palpebre e liberi gli occhi alla luce fioca che illumina la camera, guardando finalmente in faccia a questa notte sporca, sporca come le pareti della camera, che hanno assorbito fumo e sete e lamenti, e sguardi assenti. 
Ora sospiri piano. Ti culli, ti abbracci, ti accarezzi. Il rumore di una serranda tirata su ti dà l'orario. Fanno pasticcini dolci dietro quella serranda, con lo zucchero e il miele e marmellata di lamponi e crema al limone che sbotterà nei bomboloni caldi, a far godere le papille di chi li mangerà. Ti vesti e scendi correndo giù per le scale senza fuggire, senza paura, con il tuo vestito verde, che avvolge la tua tenera vittoria. Balli nella piazza silenziosa, sola... sola come te, come i gatti randagi dei vicoli, come la luna. Ti guardi intorno annusi la notte, come si annusa la farina, il pane, l'alba e il frinire delle cicale. E canti, canti, canti perché sei tu che tieni i fili.

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